Sull’amore e sull’odio “sociale”
Non ho mai trovato una risposta soddisfacente alla definizione di amore sociale, forse perchè se si passa dalla singola persona al gruppo le prospettive di giudizio cambiano più di quello che potrebbe sembrare o si vorrebbe sperare. Molto più facile parlare dell’odio sociale, ma questo l’ha già fatto Wislawa Szymborka in forma di poesia.
Guardate com’è sempre efficiente, come si mantiene in forma nel nostro secolo l’odio. Con quanta facilità supera gli ostacoli. Come gli è facile avventarsi, agguantare. Non è come gli altri sentimenti. Insieme più vecchio e più giovane di loro. Da solo genera le cause che lo fanno nascere. Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno. L’insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza. (…) Oh, quegli altri sentimenti – malaticci e fiacchi. Da quando la fratellanza può contare sulle folle? La compassione è mai giunta prima al traguardo? Il dubbio quanti volenterosi trascina? Lui solo trascina, che sa il fatto suo.
Capace, sveglio, molto laborioso. Occorre dire quante canzoni ha composto? Quante pagine ha scritto nei libri di storia? Quanti tappeti umani ha disteso su quante piazze, stadi. Diciamoci la verità: sa creare bellezza. Splendidi i suoi bagliori nella notte nera. Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba rosata. Innegabile è il pathos delle rovine (…) E soprattutto non lo annoia mai il motivo del lindo carnefice sopra la vittima insozzata.
In ogni istante è pronto a nuovi compiti. Se deve aspettare, aspetterà. Lo dicono cieco. Cieco? Ha la vista acuta del cecchino e guarda risoluto al futuro – lui solo. Claudio R.
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