HELPING HAND di Pablo Picasso
Helping Hand, questa mano tesa di Picasso espressione di una volontà determinata a fare qualcosa, mi ricorda la Mano di Alberto Giacometti (1947), quella che Florian Rodari descrive egregiamente: “Palmo aperto, dita separate tra loro e tese all’estremo. La mano minaccia lo spazio; e la sua comparsa nel cuore della città crea una profondità che non è solo spaziale, ma anche interiore. Essa è al tempo stesso la fine e l’inizio, il mondo e tutti i sensi da lei sprigionati che la circondano. Essa fende l’aria e questa la attraversa e in questa precisa commistione si manifesta tutta l’ambiguità del tempo, della distanza, dell’enigma umano. La mano penetra la infelice materia, l’affronta nello stesso tempo che la rettifica, e dove l’occhio da solo non basterebbe, essa opera la scissura, provoca la rottura che fa nascere la lingua: la mano diventa un grido dello spazio.”
L’azione dirompente della mano la si ritrova ancora in altre espressioni artistiche e ci rammenta il suo enorme potenziale: creativo nel lavoro, determinato e determinante nelle percezioni, risolutivo nelle scelte. Che la mano sia espressione della volontà è quanto sosteneva Immanuel Kant affermando che “La mano è la parte visibile del cervello.”
Se la mano proviene dall’alto è perlopiù una mano autoritaria che vuole rappresentare la potenza superiore di un uomo designato a comandare. Se invece proviene dal basso, come quella di Picasso, è meno autoritaria ma non per questo meno volitiva. Sono le mani della volontà di reagire, come in alcuni manifesti di protesta, tra cui quello famoso di César Domela Des armes pour l’Espagne antifasciste, 1937. Vi è però da aggiungere che ogni mano volitiva, sia che irrompa nello spazio dall’alto o dal basso, è sempre finalizzata a cambiare le cose, e delle sue intenzioni non c’è sempre da fidarsi. A.P.