SANS TITRE (Mains) di Auguste Rodin
Auguste Rodin ha affidato alla mano umana il compito di rappresentare tutta la persona fino a farla diventare la sua metafora completa. Ha cercato di esprimere nella mano in quanto mano, e non solo in quella appartenente ai suoi personaggi, tutte le manifestazioni gestuali della vita dell’uomo. Nella scultura che è muta, Rodin cerca proprio di dare forma al gesto, il solo capace di dare voce al pensiero che gli suggerisce nuove forme di bellezza, e straordinari motivi di espressione plastica. Nello stesso tempo, la sua mano, pur cercando di esprimere queste forme, finisce per imprimere su di esse anche lo stato d’animo incosciente dello scultore, poiché è nella mano che trova posto, soprattutto, sia inconsciamente quanto volontariamente, la vita interiore assieme alla volontà di chi plasma, scolpisce, disegna, dipinge, comunque fa.
Il poeta Rainer Maria Rilke, che fu per un certo periodo segretario di Rodin, seppe rendere con una sua visione poetica il senso profondo delle mani nella sua arte. Scrive infatti: “Nell’opera di Rodin vi sono mani indipendenti, piccole mani che vivono come disgiunte da un corpo. Mani che scattano irate, minacciose, mani le cui cinque dita divaricate sembrano latrare come le cinque gole tese del mitico cane degli inferi. Mani che camminano, mani addormentate, mani che si risvegliano, mani criminali testimoni di penose eredità, mani stanche di fatica e nascoste in un angolo come un ani male ferito, quasi sappiano che nessuno può correre loro in aiuto. Tuttavia queste mani rappresentano già un organo complesso: un delta i cui fiumi di vita provenienti da lontane sorgenti si fondono nel mare dell’azione. La mano possiede una propria storia, un proprio significato, una propria bellezza, una propria evoluzione, una propria capacità di manifestare desideri, capricci e predi lezioni”.
Le mani di Auguste Rodin sono proprio tutto questo. Sono loro, come abbiamo visto, il simbolo, la voce più intima dei suoi personaggi. Ad esse, scrive lo stesso Rodin, “bisogna riconoscere il diritto a uno sviluppo autonomo che le concede di esprimere desideri, sentimenti, capricci e persino manie”. Renzo M.
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