La malattia mette in ginocchio, la speranza solleva
Tra le opere della sezione “Compassione”, mi ha colpita un altorilievo in bronzo, che rappresenta un incontro preciso, quello con la malattia e i suoi effetti, fisici e psicologici.
Qui la malattia è la peste, i protagonisti gli appestati e San Carlo, l’incontro il faccia a faccia con la disperazione. E’ una scena di straordinaria economia, il cui peso gravita tutto nella parte inferiore: ai lati due figure in preda al terrore reagiscono una nascondendosi, l’altra fuggendo. Al centro, altre due figure, ridotte ormai a corpi ischeletriti, si avvicinano a San Carlo, in ginocchio davanti a loro. Il lato psicologico è evidenziato dalle pose, dal rilievo a tratti tremante, dalle ombreggiature, dai corpi sconfitti dal male. Ad unire la composizione è il senso di consapevolezza, che ogni figura fa proprio in un modo diverso, dell’inesorabilità di quanto accade: c’è chi distoglie lo sguardo e chi resta. Da questo, dalla partecipazione intima all’evento, nasce la compassione. Essa non coincide con la speranza, che guarda oltre e, così facendo, solleva. Essa, piuttosto,“mette in ginocchio”: solo così può condurre fin dentro alla sofferenza. Immagino il farsi del silenzio tra le pieghe dei rilievi e penso che la compassione sia il segno luminoso del mistero della presenza, del bene che possiamo fare gli uni agli altri, anche nelle situazioni estreme, che rendono inutili le parole e superflui i gesti. Sabina P.
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