PENELOPE, la “figura” dell’attesa
Nella sezione “Attesa” della mostra si trova una scultura dedicata a “Penelope”: quale figura poteva raffigurare, proprio nel senso di “dare figura”, l’attesa se non lei? Eppure, da una scelta che appare scontata in partenza, davanti a lei sgorgano emozioni e pensieri nuovi. Penelope, nella mia mente una donna invecchiata, taciturna, immancabilmente assisa al suo telaio, appare qui giovane, femminile, solidamente dolce, custode di un pensiero forte, pronto a farsi azione. E’ sì la moglie di Ulisse, ma anche, e soprattutto, regina, la regina di Itaca. Alla partenza del marito e per tutti i dieci anni successivi, l’attesa diverrà per lei esperienza esistenziale. Penelope saprà anche renderla vitale: non la disperderà in incertezza, esitazione, debolezza, passività. “Non è lecito il pianto”, ammonisce un disegno di Campigli esposto in mostra, non a caso abitato solo da donne. Penelope è tutte queste donne insieme: trasforma in impegno il pianto della lontananza, difende dagli avversari il potere di Ulisse, regna con ferma volontà su Itaca, cresce e prepara il figlio Telemaco, non soccombe al sacrificio, non disfa il ricordo, annoda il presente, tesse il futuro. Penelope fila il Tempo, senza subirlo. Insegna che “attesa” è saper attraversare l’ombra di ciò che deve ancora manifestarsi. E’ lei a dare significato alle peregrinazioni di Ulisse: lei a riconoscerlo, lei a garantirgli Itaca come“patria”, lei a fare dell’attesa la condizione per il suo ritorno a regnare. Laura A.
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