IL SOLE DIETRO LE SPALLE di Mario Negri
Mi è stato chiesto quale delle opere in mostra mi piaccia di più. Per rispondere ho dovuto considerare di tralasciare l’aspetto artistico (per il quale prediligo l’Alma del Quijote di Dalì) e l’aspetto di significato (il Figliol Prodigo di Martini è insuperabile, seguito a stretta distanza dai Mitoraj) e concentrarmi sull’aspetto affettivo, un termine che comprende non un approccio sentimentale ma una moltitudine di elementi che sono solo miei. Fatte queste premesse l’opera è… Il sole dietro le spalle, piccola ma importante scultura di Mario Negri. Mentre ne parlo già sento come sottofondo musicale Don’t let the sun come down on me di Elton John
Di quest’opera avevo composto la seguente didascalia: Due sagome primitive rappresentate senza testa, sede del pensiero e della razionalità, e senza braccia, strumenti di esplorazione del mondo. Dietro di loro un sole, fonte di luce e di vita, in forma quadrata, fa da sfondo alle figure con un ritmo lineare da cui erompe una energia ascetica e misteriosa, che ricordano le effigi dell’antico Egitto. Senza la ragione e senza gli impulsi l’uomo dà le spalle alla vita, non accorgendosi della grande luce che potrebbe illuminarlo e guidarlo.
Ma vi avevo visto molto di più. Non è che in una figura le braccia non ci siano veramente, ma è inutile rappresentarle quando – e se – sono in azione giusto per tirare su una tazzina di caffè e fare qualcos’altro di ordinario. E la testa serve poco se è vuota o un serbatoio di seccature quotidiane da vuotare ogni tanto come si fa per i pozzi neri. Si potrebbe dire che i busti sono ben eretti, maestosi… Forse esprimono il prestigio di aver raggiunto un’onorevole e gratificante posizione sociale, ma per me sono abbastanza statici da essere poco comunicativi.
Detto ciò, sento che il sottofondo musicale diventa quello dei Pink Floyd: The dream is gone and I have become comfortably numb. Il sole dietro le spalle è quadrato, come un termosifone. Ha perso la forma rotonda che ispira quella sensualità che ci proviene dall’accarezzare i frutti, le forme del corpo… Probabilmente ancora un poco scalda, ma di certo non brilla né acceca, né riusciamo a vedere in esso il ciclo della natura, la maturazione dei frutti, il tepore che ci penetra le ossa e ci fa sentire bene. A me invece capita ogni tanto di vedere il sole anche di notte, se sono con le persone giuste e nello spirito giusto. Al tempo stesso devo ammettere di aver qualche volta girato le spalle al sole. Capita a tutti e sono contento che un artista ce lo faccia ricordare. Quasi per ringraziarlo metto su un’altra musica: The house of the rising sun, perché il sole ogni giorno non solo risplende ma anche rinasce. Alfonso P.
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