IL VIANDANTE di Giovanni Battista Ricci
Quello che io vi vedo è soprattutto un viandante che si ferma per riposare ma anche per riflettere. In effetti, non si cammina solo fisicamente, ma anche con la mente, con i pensieri, con il cuore, con le emozioni, con i sentimenti. Tutto in noi è un procedere, lungo una strada che è il cammino della vita. «Camminando si apprende la vita, camminando si conoscono le persone, camminando si sanano le ferite del giorno prima. Cammina, guardando una stella, ascoltando una voce, seguendo le orme di altri passi» (Ruben Blades). Non camminare significa non apprendere, non conoscere le persone e la vita, non conoscere se stessi, non rischiare, non guarire.
È il camminare dell’“interiorità”: condizione di apertura, di scoperta, di caduta e di solitudine; condizione che rende vivi e che trasforma. Atto che permette di lasciare la propria orma: «Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi» (Italo Calvino) perché infatti il cammino ha il carattere di ciò che è infinito ed eterno, di ciò che apre al Mistero.
Il cammino si fa camminando, la strada si apre camminando, Quale strada? Conoscete la storia del sasso? La persona distratta vi inciampa. Quella violenta, l’usa come arma. L’imprenditore l’usa per costruire. Il contadino stanco invece come sedia. Per i bambini è un giocattolo. Davide uccide Golia e Michelangelo ne fa la più bella scultura. In ogni caso, la differenza non la fa il sasso, ma l’uomo. Non esiste sasso nel cammino che non si possa sfruttare per la propria crescita. O forse anche esiste, ma molto dipende comunque da noi. Nunzio G.
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